| 17 Marzo 1751
Le acque della laguna ondeggiavano appena, solcate da qualche barca, cozzando placide contro i moli di Canal Grande. Rilucevano di migliaia di riflessi, mentre il sole si avvicinava lentamente all'orizzonte; Feliciano lasciava che quelle schegge luminose penetrassero nei suoi occhi e li ferissero appena. Mosse la mano in direzione del calice di vino appoggiato al suo fianco, sul parapetto dell'enorme terrazza vuota. Inspirò l'aria di quel insolitamente mite Marzo. Era il giorno del suo diciassettesimo compleanno, lo stesso giorno del compleanno di suo fratello che il destino aveva voluto far nascere esattamente due anni prima di lui. Gustava quel momento di attesa allo stesso modo del liquido rossastro appena sorseggiato. I preparativi per la grande festa in maschera erano ormai ultimati: Il grande banchetto, Il salone delle danze, i musicisti, i giocolieri, le stanze private e soprattutto la grande sala drappeggiata di rosso. Sorrise. Aveva scoperto da poco il piaceri delle grandi feste private ma, da bravo giovinotto aristocratico ricco e viziato, aveva voluto replicarne una nel suo palazzo approfittando della partenza dei genitori. Bevve ancora, i colori dei suoi vestiti erano gli stessi del tramonto nel quale era immerso: Rosso e Oro. La marsina, il gilet e i pantaloni corti erano abilmente intarsiati con ago e filo, il Jabot e i merletti sulle maniche ricalcavano lo sfarzo baroccheggiante dell'epoca. Sul tavolino erano poggiati il tricorno nero e la maschera Zanni dal lungo naso adunco. Poco più in là, un altro bicchiere e la bottiglia di vino. Estrasse dalla tasca la boccetta destinata al fratello. Era un estratto di qualche erba a lui sconosciuta, che causava forte empatia verso le persone. Esattamente la qualità che mancava a Romano, il cui caratteraccio non lo rendeva molto adatto ad eventi mondani. Prese il bicchiere, lo riempì di vino e poi iniziò a versare l'essenza una goccia alla volta.
Uno...due....tre...quattro...cinque... sei...sett... argh! dovevo metterne solo tre! Fa nulla, infondo Romano è così scorbutico...
Poggiò il calice sul tavolino e riempì nuovamente il suo, premurandosi di tenerlo in mano per non confonderli. Si sentiva un po' in colpa, ma il volto gli si distese in un ampio sorriso al pensiero di quanto il fratello si sarebbe divertito alla festa. Alla fine glie ne sarebbe stato grato, ne era sicuro!
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